Stella consiglia di leggere ascoltando: Morton Feldman, Something Wild in the City: Mary Ann’s Theme.

Perfetto

Di Stella Saladino

Era dal parrucchiere quando aveva letto che, per un’igiene orale perfetta, bisognava impugnare lo spazzolino di quarantacinque gradi rispetto alle gengive. Così ogni mattina da quel giorno faceva attenzione a tenere sempre il gomito all’altezza giusta, e massaggiava meticolosamente, con un movimento circolare perfetto, denti e gengive.
Aveva da poco passato i cinquanta, indossava un pigiama di seta azzurro con i bottoni a forma di cuore e dei motivi geometrici lungo i bordi, aveva ancora i bigodini in testa. Terminato il rituale dell’igiene orale, era passata in cucina a lavare i piatti della colazione. Le bolle sul lavandino assumevano una forma sferica che manteneva in condizione di perfetto equilibrio pressione interna e pressione esterna. Tutto ha una misura in grado di fornire alle cose un senso preciso. Di questo ne era certa.
Guardò l’orologio, erano già le otto e trenta, e aveva ancora da: vestirsi, togliere i bigodini, infilare le scarpe, allacciare le stringhe con il doppio nodo, controllare di aver chiuso tutte le persiane, di aver riposto gli asciugamani – quelli da bidet ripiegati sopra a quelli grandi e non il contrario -, dare l’ultima sprimacciata ai cuscini e lisciare le pieghe che aveva notato sul copriletto.


Si vestì con cura, prese dall’armadio il cappotto blu, scacciò via i capelli sulle spalle e sul retro della nuca. Prima di uscire si guardò intorno. Chiuse la porta a tre mandate, e spinse per accertarsi che non si aprisse. Ma si ricordò che non aveva controllato la manopola del gas, perciò rigirò la chiave per tre mandate in senso antiorario, entrò in cucina veloce, diede un’occhiata alla leva, era girata a destra: ok; e le manopole della cucina erano allineate: perfetto.
Ripeté il rituale delle tre mandate e scese le scale.
Uscire dal portone era un’impresa. Non sapeva mai quale piede dovesse mettere prima, anche se lei preferiva il destro. Ogni porta era una decisione da prendere.
Continuò il suo percorso evitando di fermarsi di fronte a numeri che non le piacevano, tipo quelli pari, e in particolare il due o tutti quei numeri la cui somma interna risultasse essere due. Ma anche l’undici no, il settantaquattro o l’ottantatré neanche, e neppure il novantadue.
Nove e due undici, uno uno due.
Se il numero civico era il 182 non poteva soffermarsi neanche un attimo.
Uno otto e due undici, uno uno due.
Erano pochi i luoghi davvero innocui dove poteva recarsi. Uno di questi era il fruttivendolo, che stava al numero 75, sette e cinque dodici, uno due tre.
Le piaceva ammirare come lui riusciva ad allineare perfettamente le mele creando sculture tridimensionali, un lavoro di estrema precisione che richiedeva una grande sapienza. I kiwi e le pere creavano angoli di quarantacinque gradi, proprio come lo spazzolino con le gengive. Non erano più solo frutta ma solidi geometrici, figure cosmiche, armoniche.
Si affacciò e vide che il fruttivendolo stava servendo una cliente. Quella non faceva che chiedere due di tutto: due banane due lattughe due scatole di fagiolini. Quando arrivò agli undici mandarini le venne voglia di scappare via, ma era certa che il fruttivendolo l’avesse già vista. Non poteva andarsene così senza neppure salutare.
Non era proprio da lei.
«Ciao!»
«Buongiorno a lei, signora.»
A lei? Perché mai non le dava del tu come sempre? E poi ancora quella che chiedeva due banane due lattughe due scatole di… tutti quei numeri pari la mandavano ai matti. Aspettò che arrivasse il furgone delle consegne e sgattaiolò fuori dal negozio senza voltarsi.
Faceva freddo. Mise la mano in tasca per scaldarsela, sicura di trovarci il solito fazzoletto che teneva nella tasca sinistra. E invece no. Percepì solo il metallo, e la dentellatura alla fine della stanghetta. La punta era arrotondata, le dita ripassavano nervosamente su una forma che le veniva difficile indovinare. Finché non la tirò fuori: era una chiave. Che ci faceva una chiave nel suo cappotto? Non era la sua; come ci era finita?


Prese a frugare nella tasca, e un dito le restò incastrato in un piccolo buco che non aveva mai notato prima, forse era stata proprio quella maledetta chiave a causarlo. Non poteva andare in giro così col cappotto tutto bucato.
Svoltò per tagliare come faceva sempre, ma si rese conto che non si era mossa di un metro, aveva girato in tondo; il muro era dalla parte opposta rispetto a dove se lo ricordava e cosa ancor più strana al suo posto c’era di nuovo il negozio di frutta e verdura. La Terra, mentre girava su sé stessa, si era dimenticata di tenere ferme le cose e tutto era scivolato sconfinando senza più limiti né logica, senza ordine, ogni cosa al posto di un’altra. La chiave al posto del fazzoletto il negozio al posto del muro.
Auto zeppe di mele golden rotolate fino a schiacciare i conducenti contro il finestrino; pere e mandarini mescolati irrimediabilmente con patate e fagiolini; cani portati a passeggio tutti accatastati su un lato della strada uno sull’altro come cassette della frutta, schiacciati da una forza di gravità impazzita; dall’altra parte della strada autobus stipati di padroni di cani con solo più il guinzaglio in mano.
Si voltò verso la vetrina del fruttivendolo che stava servendo una signora. Pesò due banane. Due lattughe. Poi prese due scatole di fagiolini e infilò undici mandarini in un sacchetto di carta; li contò uno per uno. I gesti di lui erano identici a poco prima, i numeri erano quelli, la signora sembrava la stessa.
Un volto riflesso nella vetrina del negozio con gli occhi vuoti e una smorfia sulla bocca la fissava.
Portò lentamente la mano verso la testa e riconobbe le sue dita che seguivano la curvatura cilindrica dei bigodini.


Stella Saladino
Laureata in Filosofia ed Estetica della musica presso il DAMS di Bologna. Artista e ricercatrice indipendente. Autrice del saggio Pensa come una pianta. Si interessa di consultazione di intelligenze non umane, con progetti all’intersezione tra arte, tecnologia, filosofia e scrittura. Insofferente alle strutture ingabbiate, esplora spazi oltre la soglia.